Leggevo ieri, sul Venerdì di Repubblica, della bellissima iniziativa di due coniugi fruttivendoli che danno lezioni gratuite di cucina napoletana a immigrati delle più svariate nazionalità.
Sapete, quando si nasce e si vive in una città come Napoli, si è vittime di una strana lacerazione interiore, che a volte si avvicina alla schizofrenia. Si ama la propria città. Non è possibile non amarla. E non conosco napoletano, nemmeno il più stufo, inacidito e voglioso di fuga, che non nutra nel profondo, confessato o meno che sia, un amore sconfinato per essa. Ma nello stesso tempo si odia tutto ciò che, dal suo stesso interno, ne offusca la bellezza, ne sacrifica la vivibilità, ne compromette la reputazione oltre che la gestione del quotidiano. La schizofrenia consiste nell'essere anche violentemente critici verso tutto ciò che non funziona, verso la gente che non funziona, eppure sentirsi insofferenti verso ogni critica che provenga dall'esterno, da chi non vive da sempre la realtà napoletana ed è pronto a gudicarla in modo sommario. Insofferenza che si estende alle lodi di maniera, da bozzetto o da guache, che fanno più danni della cretinaggine leghista.